L’emostasi è il blocco della fuoriuscita di sangue da un vaso che risulta essere stato danneggiato. Le componenti di questo equilibrio fisiologico sono diverse e dipendono da differenti fattori ma indispensabili, senza dubbio, sono:
- la vasocostrizione
- l’attivazione delle piastrine
- la formazione del deposito di fibrina (tappa che rappresenta la coagulazione vera e propria).
Normalmente l’emostasi viene ostacolata, qualora non fosse necessaria, dall’attivazione della plasmina dovuta ad i processi di fibrinolisi. Le cellule dell’endotelio possono andare a sintetizzare due attivatori del plasminogeno: tissutale (dà luogo alla fibrinolisi intravascolare) e l’urochinasi (dà via a quella extravascolare).
Emostasi: cos’è?
L’emostasi è il termine specifico utilizzato per descrivere una normale risposta fisiologica dell’organismo volta a bloccare la fuoriuscita di sangue da un vaso danneggiato. Si tratta di un vero e proprio processo organizzato in tre fasi:
- 1 FASE: costrizione vascolare del vaso e formazione del tappo piastrinico che bloccherà la fuoriuscita di sangue
- 2 FASE: coagulazione del plasma
- 3 FASE: fibrinolisi, ovvero un processo che determina la rimozione del coagulo e la ripresa del normale funzionamento dei vasi sanguigni
Emostasi: sintomi
Come abbiamo specificato nell’introduzione, l’Emostasi è un disturbo della coagulazione che vede coinvolti cellule endoteliali, il subendotelio, le piastrine, il complemento, i fattori della coagulazione e della fibrinolisi, i loro inibitori e anche i sistemi macrofagico-monocitario e dei polimorfonucleati. Molti sono anche i sintomi legati a disturbi della coagulazione, come ad esempio:
- Ecchimosi
- Reumatismi
- Trombocitosi
- Sangue dal naso, nella saliva o sanguinamenti intimi e anali
- Menorragia
- Livedo Reticularis ecc.
Emostasi e Trombosi
L’Emostasi differisce dalla Trombosi. Difatti, se si parla di trombosi non ci si riferisce ad una condizione fisiologica ma alla formazione patologica di un tappo emostatico che va a causare:
- un danno alla parete del vaso in cui si verifica
- un’alterazione nel flusso ematico
- varie anomalie nel processo della coagulazione
Queste, purtroppo, non sono le uniche conseguenze in quanto, con il passare del tempo, potrebbe venire a verificarsi ischemia e morte dei tessuti a valle. Se questo trombo si dovesse staccare dalla sede di formazione verrebbe a crearsi un embolo che può andare a creare un trombo arterioso (porterebbe ad ictus) oppure venoso (embolia polmonare).
Emostasi e Tempo di coagulazione
Il sangue, una volta posto nella provetta coagula in un tempo che va dai quattro agli otto minuti in presenza di chelanti del calcio. Se alla provetta andassimo ad aggiungere calcio il tempo necessario affinché il sangue coaguli sarà pari a due-quattro minuti pertanto subirà un dimezzamento.
- tempo di tromboplastina parziale attivata: vanno aggiunti calcio, fosfolipidi a carica negativa e caolino. In media corrisponde a 26-33 secondi.
- tempo di protrombina: per calcolarlo è necessario aggiungere la tromboplastina; questo è in media di 13 secondi. Per avere un dato più preciso viene normalizzato tenendo conto della tromboplastina utilizzata ed espresso con un indice definito INR.
Emostasi e Anticoagulanti per via parenterale
I primi anticoagulanti da prendere in considerazione sono, senza dubbio, le eparine. L’eparina è un glicosaminoglicano contenuto nei granuli dei mastociti. Questo attivo viene estratto a partire dalla mucosa intestinale di suino e titolata in unità internazionali. Oltre a questa, in terapia, si possono trovare anche degli analoghi però a peso molecolare minore tra cui il popolarissimo CLEXANE (nome commerciale) e la deltaparina. Al paziente, tuttavia, potrebbe essere anche prescritto un pentasaccaride sintetico, il fondaparinux.
Questi farmaci riconoscono un sito specifico formato da cinque zuccheri nell’antitrombina (è una proteina anticoagulante che inibisce diversi fattori della coagulazione che appartengono sia alla cascata intrinseca che a quella comune). Questa interazione facilita l’accesso alle proteasi e favorisce l’azione dell’antitrombina sia sul fattore Xa che sulla trombina (IIa). Solamente l’eparina riesce nell’intento in quanto per legare il tutto è necessario avere catene laterali di una sufficiente lunghezza (motivo per cui le eparine a basso peso molecolare ed il pentasaccaride agiscono solamente su Xa) e in più va ad inibire l’aggregazione piastrinica.
L’eparina e i farmaci analoghi non sono assorbiti dall’organismo umano ad opera della mucosa gastro intestinale e, pertanto, si preferisce la somministrazione sotto cute od endovena (può essere sia continua che intermittente). Questi farmaci non attraversano la placenta. Nonostante rappresentino dei veri e propri farmaci indispensabili per pazienti che accusano questa tipologia di problema non sono esenti da effetti collaterali tra cui vanno ricordati: emorragia, trombocitopenia, trombosi e osteoporosi. Il loro utilizzo è apprezzato per la terapia iniziale di trombosi venose ed embolia polmonare, infarto e angioplastica.
Nel trattamento del paziente extraospedaliero vengono utilizzate soprattutto quelle a basso peso molecolare ed il fondaparinux in quanto hanno migliore farmacocinetica, migliore selettività e minori effetti collaterali anche se bisogna prestare attenzione ai pazienti nefropatici (queste ultime vengono eliminate con le urine) e la mancanza d’efficacia dell’antidoto, la protamina solfato. Altri anticoagulanti utilizzati per via parenterale sono: lepirudina e bivalirudina (sono ricombinanti, come indicato dal nome, dell’irudina ed inibitori diretti della trombina), argatrobam (anche questo inibisce direttamente la trombina) ed il drotecogin alfa (forma ricombinante della proteina C umana).
Emostasi e Anticoagulanti somministrati per via orale
Tra questa classe di farmaci è impossibile non ricordare il warfarin (COUMADIN) e l’acenocumarolo (ha tempo di emivita minore). Entrambi fanno parte dei derivati dicumarolici. Vanno ad inibire la vitamina K epossido reduttasi che ha un ruolo chiave nella coagulazione. Questa, infatti, è il cofattore della gamma-glutamil- carbossilasi che rende, attraverso diverse reazioni, i fattori della coagulazione (II, VII, IX, X e proteina C) capaci di interagire con i loro substrati.
L’assorbimento di questi farmaci è completo ma può essere influenzato dal cibo. Le interazioni (con farmaci od alimenti) che riducono il tempo di protrombina sono: ridotto assorbimento del farmaco, aumentata clearance ed assunzione di cibi con vitamina K. Viceversa il tempo di protrombina aumenta con la co-somministrazione di inibitori del CYP2C9, per spiazzamento dalle proteine plasmatiche e per deficit di vitamina K. Questi farmaci in particolare sono in grado di attraversare la placenta ma non vengono escreti con il latte materno.
Sono impiegati per prevenire le ricadute da trombosi venose ed embolia polmonare in seguito a trattamento con eparina, per prevenire tromboembolie in pazienti sottoposti ad interventi chirurgici ortopedici o di ginecologia. Importante è tenere sotto controllo l’INR. Ora sono disponibili anche nuovi anticoagulanti orali tra cui il PRADAXA (dabigatrin etexilato) che non esercita di monitoraggio INR ed inibitori del fattore Xa come il rivaroxabam.
Emostasi e Farmaci fibrinolitici
Tra questi ci sono la streptochinasi, l’urochinasi e gli analoghi dell’alteplasi che hanno maggiore durata d’azione come la reteplasi che, dal punto di vista del meccanismo d’azione, va a legare la fibrina ed a penetrare nei trombi. In generale si legano all’attivatore del plasminogeno oppure sono attivatori del plasminogeno ricombinanti. La fibrinolisi può essere silenziata anche dall’acido aminocaproico e tranexamico. Questi sono analoghi della lisina e si legano al plasminogeno e alla plasmina. Questi farmaci, come nei casi precedenti, possono causare emorragia.
Emostasi e Antiaggreganti piastrinici
Le piastrine sono le responsabili del primo tappo emostatico che viene a formarsi in caso di danno ma, però, partecipano anche alle fibrosi patologiche non necessarie (motivo per cui questi farmaci risultano essere particolarmente utili). Tra questi è importante ricordare: l’acido acetil salicidico (blocca COX1 e la formazione di TXA2), il dipiridamolo (è un inibitore delle fosfodiesterasi ed è usato in combinazione con ASA) e le tienopiridine.
Alle tienopiridine appartengono la ticlopidina, il clopidogrel ed il prasugrel. L’aggregazione piastrinica è mediata da ADP via i recettori GPCR P2Y1 e P2Y12 che, in questo caso, viene inibito in modo irreversibile. A questi farmaci appartengono anche gli inibitori della glicoproteina IIb e IIIa che è espressa sulla superficie delle piastrine . Tra questi ci sono gli Abciximab e l’eptifabide. Tra i nuovi antiaggreganti è importante ricordare il cangreol ed il ticangreol.
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