Picco glicemico, di cosa si tratta? Con questo termine indichiamo la presenza eccessiva di zuccheri nel sangue, indicata con il parametro della glicemia, che si verifica dopo l’assunzione di alcuni alimenti. Alla base di questa concentrazione eccessiva di zucchero ritroviamo, nella maggior parte dei casi, i carboidrati, detti anche glucidi. Questi ultimi, una volta arrivati nell’apparato gastrointestinale, vengono digeriti e trasformati in glucosio. Dopo un pasto ricco di carboidrati, la concentrazione di glucosio nel sangue aumenta e provoca una oscillazione della curva glicemica.
Avere in mente la definizione di picco glicemico è estremamente importante non solo per la prevenzione di alcune malattie ma anche per perdere peso. Questo significa che non dobbiamo fare attenzione soltanto alla quantità di calorie che vengono assunte giornalmente, ma anche alla loro qualità.
Spesso e volentieri, responsabili dell’aumento di peso vengono considerati esclusivamente i grassi. Aggiungere alla propria dieta prodotti ad alto contenuto di zuccheri produce l’effetto inverso. Per questo motivo, è importante conoscere anche l’indice glicemico, indicato come IG. Stiamo parlando di un sistema di classificazione, capace di valutare la velocità di digestione e assorbimento dei cibi contenenti carboidrati. Inoltre, permette di analizzare il loro effetto sulla glicemia, cioè sui livelli di glucosio nel sangue. In altre parole, un cibo con IG alto produce un grande picco di glucosio dopo il suo consumo.
Picco Glicemico: cos’è?
Nella definizione di picco glicemico abbiamo riportato il valore che indica una presenza eccessiva di glucosio nel sangue. Il parametro che ci permette di valutare la presenza di glucosio è definito glicemia. I valori di glucosio nel sangue non sono costanti nel corso della giornata, proprio perchè subiscono l’effetto dell’assunzione di alcuni cibi. Nello specifico, i carboidrati o glucidi sono responsabili di un grande aumento di glucosio.
Questo avviene perché vengono trasformati proprio il glucosio nell’apparato gastrointestinale durante la digestione. Valutazioni di questo tipo ci riportano a ragionare sull’importanza di modificare il proprio stile di vita e il proprio regime alimentare per riuscire a perdere peso e vivere meglio. Seguire una dieta ferrea non ci aiuterà a trovare un equilibrio ma soltanto a fare estrema attenzione al numero di calorie assunte.
- Vedi anche come funziona il test ovulazione per scoprire quando sei più fertile
Diabete e glicemia
Conoscere il significato di picco glicemico ci permette di capire che non è importante solo fare attenzione al numero di calorie manca la loro qualità. Il rischio, con una alimentazione a base di troppi carboidrati, è quello della iperglicemia. Questa condizione si riferisce a un tasso di glucosio nel sangue che supera i limiti per eccesso. Teniamo contro che, per diagnosticare l’iperglicemia, sono necessari valori di glucosio nel sangue a digiuno maggiore di 100 mg/dl. Per la diagnosi di diabete, parliamo di valori di glicemia a digiuno >126 mg/dl, confermati in almeno due giornate differenti.
I livelli di glucosio nel sangue dovrebbero idealmente mantenere un livello stabile nell’arco della giornata. In altre parole, non dovrebbero oltrepassare certi valori e non scendere al di sotto di altri. Anche se i criteri di riferimento dipendono sempre dall’età e dallo stato di salute generale, vige per tutti la regola che il superamento costante, improvviso e ripetuto nel tempo di certi parametri crea scompensi nell’organismo.
Con cibi ricchi di zuccheri, il picco glicemico tende a salire. L’effetto sul dimagrimento è indiretto, proprio perchè la glicemia stimola la produzione di insulina, che attraverso il sangue raggiunge tutti i tessuti dell’organismo. Approfondiremo questo punto tra pochi paragrafi.
Picco glicemico: valori
Quali sono i valori di glicemia ideali? Come abbiamo già accennato, valori al di sopra del livello massimo possono costituire la base per una diagnosi di iperglicemia o, nei casi più gravi, di diabete. Allo stesso modo, anche i valori troppo bassi possono risultare responsabili di una condizione di ipoglicemia. L’esame che ci permette di valutare le oscillazioni di glucosio nel sangue ed eventuali alterazioni del livello di glicemia prende il nome di curva glicemica.
Partiamo con il dire che il valore di glicemia a digiuno considerato normale è inferiore ai 100 mg/dl. Eventuali alterazioni nella curva glicemica fanno riferimento a valori a digiuno superiori a 100 mg/dl, ma inferiori a 126 mg/dl. Una condizione di ipoglicemia indica valori sotto i 60-70 mg/dl per episodi di ipoglicemia lieve. Nella ipoglicemia grave, scendono sotto i 30 mg/dl.
Insulina e glicemia
Parlando di picco glicemico, il valore si raggiunge all’incirca un’ora o un’ora e mezza dopo l’ingestione. Per l’adulto il picco dovrebbe essere inferiore a 180 mg/dl, con valori ottimali collocati al di sotto dei 140 mg/dl. Come abbiamo già accennato, una concentrazione eccessiva di glucosio nel sangue provoca un aumento della produzione di insulina. Non a caso, quando i livelli di glucosio sono troppo elevati, il corpo si protegge secernendo un ormone prodotto dal pancreas, l’insulina per l’appunto. Questo ormone di occupa di ripristinare un equilibrio ideale.
L’effetto dell’insulina è quello di far assimilare lo zucchero e le proteine disciolte nel sangue sotto forma di grassi, massa muscolare. Inoltre, l’insulina provoca la conservazione del glucosio in eccesso sotto forma di grassi, in particolare di trigliceridi, all’interno del tessuto adiposo. La conseguenza principale è una minore mobilizzazione dei grassi all’interno dei tessuti adiposi. D’altra parte, se i picchi glicemici sono troppo frequenti, alla lunga, l’insulina non riesce più ad intervenire in maniera efficace. In queste condizioni aumenta il rischio il diabete ma anche di obesità.
Picco glicemico e sonnolenza
Abbiamo già chiarito che il fenomeno del picco glicemico si verifica nel momento in cui assumiamo cibi troppo ricchi di carboidrati e zuccheri. Alimenti di questo tipo, se assunti in quantità eccessive, portano ad un aumento del glucosio nel sangue. Una delle conseguenze più frequentemente verificati successivamente a un pasto ricco di carboidrati è proprio l’episodio di sonnolenza, comunemente definito “abbiocco“. Non si tratta semplicemente di stanchezza, ma è direttamente connesso al tipo di alimentazione. Ritrovarsi stanchi e desiderosi di dormire dopo un pasto, con una certa frequenza, potrebbe fornire l’indicatore di una regime alimentare da equilibrare.
Che cosa è responsabile della sonnolenza? Un pasto con alto indice glicemico provoca un aumento della glicemia, cioè la concentrazione di zucchero nel sangue. Abbiamo detto che la principale conseguenza di questo momento è la produzione dell’ormone dell’insulina, volta a riequilibrare i valori. L’insulina abbassa il livello di glucosio in maniera drastica, portandolo a un livello inferiore rispetto quello normale.
Questa riduzione repentina provoca una mancanza di energia, con sensazione di spossatezza e stanchezza sia fisica che mentale. Paradossalmente, la risposta più comune alla sonnolenza dopo un pasto è una bella tazza di caffè con cucchiaio di zucchero. Proprio quest’ultimo contribuirà ad un ulteriore innalzamento del picco glicemico. La soluzione è quella di prediligere pasti e alimenti ricchi di fibre.
Picco glicemico e gravidanza
La valutazione del picco glicemico e del livello di glicemia è estremamente importante anche durante la fase di gravidanza. Nello specifico, gli esami relativi alla glicemia permettono di identificare donne che avevano il diabete anche prima di rimanere incinta, senza mai essere stato diagnosticato. Più nello specifico, se nei primi 3 mesi di gravidanza la donna ha una glicemia a digiuno uguale o superiore a 126 mg/dL, glicemia non a digiuno uguale o superiore a 200 mg/dL oppure emoglobina glicata uguale o superiore al 6,5% significa che aveva una condizione di diabete preesistente alla gravidanza.
Niente panico, nel caso in cui gli esami dovessero rilevare una condizione di questo tipo, è necessario sottoporsi ad una consulenza specifica per ideare un percorso capace di minimizzare gli effetti sul nascituro. In generale, i valori della curva glicemica in gravidanza sono considerati normali, subito dopo l’assunzione della soluzione glucosata, fino a 95 mg/dl. Dopo i primi 60 minuti, non devono superare i 180 mg/dl e dopo 120 minuti, devono essere inferiori a 155 mg/dl.
Diabete gestazionale
Un discorso diverso va fatto per quanto riguarda il diabete gestazionale. Stiamo parlando di una alterazione del metabolismo del glucosio che si verifica solo in gravidanza, non preesistente. In questo caso, il test della curva glicemica è utile per diagnosticare una condizione di questo tipo. I prelievi sono sempre 3: a digiuno, dopo un’ora e dopo due ore dall’assunzione della soluzione glucosata. Ma i parametri sono differenti. I valori inferiori ai 92 mg/dl a digiuno, inferiori ai 180 mg/dl a 1 ora e inferiori ai 153 mg/dl a 2 ore indicano una condizione di salute normale. Anche un solo valore superiore a tali limiti consente di diagnosticare il diabete gestazionale. Questa condizione richiede una attenta supervisione per tenere sotto controllo la salute della madre e del nascituro.
Picco glicemico e dieta
Le recenti campagne di sensibilizzazione per combattere il sovrappeso, promuovere il peso ideale e acquisire i princìpi di una corretta alimentazione hanno acceso un vivace dibattito. In particolare, sulla necessità di ridurre le quantità di grassi assunti quotidianamente. Come abbiamo già detto, bisogna però fare attenzione alla tipologia di alimenti dietetici che introduciamo nella nostra dieta. Cibi a basso contenuto di lipidi e calorie, ma con una elevata concentrazione di zuccheri, come glucosio, fruttosio o saccarosio, non servono a dimagrire. Sono solo in apparenza più sani. Valutare e analizzare il picco glicemico ci permette anche di identificare l’elevata assunzione di carboidrati e zuccheri.
Troppo spesso gli zuccheri sono considerati una fonte di energia immediata che viene bruciata e quindi smaltita più rapidamente. Le cose non stanno così, perché è importante prendere in considerazione i processi di assimilazione e l’impatto sul nostro organismo. Esempi di alimenti con alto indice glicemico sono il pane bianco, crackers, cornflakes industriali, brioche, biscotti e bevande energetiche.
Teniamo conto del fatto che la percentuale di zuccheri da consumare giornalmente è già presente nella maggior parte degli alimenti, dal pane alla frutta e verdura. L’aggiunta di prodotti dietetici, ma ricchi di zuccheri, compromette l’ideale equilibrio da mantenere. Inoltre, rischia di mettere alla prova l’organismo facendogli raggiungere più volte nel corso della giornata alti picchi glicemici. Ricordiamoci la funzionalità dell’insulina, volta a riequilibrare i livelli di glicemia ma agente anche sulla mobilizzazione dei grassi nel tessuto adiposo.
Dieta chetogenica
Alla base della dieta chetogenica troviamo il processo di chetosi, una reazione fisiologica in assenza di glucosio che è importante tenere sotto controllo. In altre parole, un digiuno prolungato o la mancata assunzione di sostanze ad alto contenuto di glucidi fa si che, bruciate le riserve energetiche immediate, venga utilizzata la massa grassa. In questo modo, si favorisce il il dimagrimento. Detto questo, eliminare i carboidrati dalla propria dieta potrebbe sembrare un’operazione facile ma in realtà non lo è affatto. Inoltre, necessita di una supervisione costante di un professionista.
Studi approfonditi hanno portato alcuni dietologi ad elaborare la dieta chetogenica, un piano alimentare basato sul principio della regolazione dei picchi glicemici. Si tratta di un regime prevalentemente proteico, che riduce al minimo l’introduzione di zuccheri sotto forma di carboidrati e amidi. Inoltre, prevede la distribuzione del fabbisogno quotidiano di cibo in più porzioni nel corso della giornata.
Glicemia e chetosi
La dieta chetogenica (o dieta proteica) ha indubbi benefici nell’immediato. Se seguita correttamente, la perdita di peso può facilmente arrivare ad un kg al giorno. Grazie alla considerevole perdita in termini di chili e massa grassa, può rivelarsi molto utile per le persone obese. In generale, per coloro che devono liberarsi di quantità notevoli di peso e spesso sono scoraggiate dalla mancanza di risultati a breve termine.
Il nome della dieta deriva dalla produzione di corpi chetonici, che fungono da carburante del cervello al posto degli zuccheri. La dieta, sotto supervisione medica, può essere protratta a lungo. Non a caso, viene utilizzata anche come cura di una forma particolare di epilessia. Tuttavia, si tratta di un regime alimentare da non adottare per troppo tempo. Questo perché rischia di andare ad intaccare il tessuto muscolare e di provocare carenze di elementi indispensabili. Come abbiamo già chiarito, non si tratta di una dieta fai da te. Deve essere seguita sotto la supervisione di un medico nutrizionista, che prescriverà esami del sangue all’inizio e alla fine del percorso intrapreso. Inoltre, consiglierà i necessari integratori di potassio e vitamine, in modo da contrastare effetti collaterali a causa del sovraccarico di lavoro richiesto a fegato e reni.
Vedi anche: Dieta senza carboidrati
Picco glicemico e allenamento
Anche in fase di allenamento, la valutazione del picco glicemico e dei livelli di glucosio nel sangue può avere un ruolo molto importante. Naturalmente, è necessario abbinare a un regime alimentare equilibrato anche la giusta quantità di attività fisica per poter dimagrire e perdere peso. Detto questo, ridurre il quantitativo di carboidrati per aumentare la propria massa muscolare non è il principio d’azione più giusto. Infatti, è importante tenere a mente che i carboidrati sono fondamentali per ottenere, sia in attività aerobica che anaerobica, massa, forza, resistenza. Se decidiamo di ridurre l’apporto giornaliero di carboidrati, i risultati tarderanno ad arrivare.
La crescita dei muscoli non può avvenire in maniera corretta senza il giusto apporto di carboidrati, il punto di partenza è quindi sempre quello di un’alimentazione equilibrata. Non a caso, con allenamenti a elevati livelli di intensità, abbiamo bisogno di glucosio. Non si tratta di un nemico ma di una fondamentale risorsa di energia. Proprio il glucosio permette ai muscoli di contrarsi, di sollevare i carichi per poi stimolare la crescita muscolare. I risultati in ricerca scientifica consigliano di ingerire carboidrati ad alto indice glicemico, rispetto ai carboidrati dall’indice glicemico basso, subito dopo l’allenamento. Questo costituisce la scelta migliore per ricostituire rapidamente le riserve di glicogeno muscolare.
Per esempio, l’allenamento con i pesi riduce le riserve di glicogeno nei muscoli e stimola i ricettori di insulina a diventare più sensibili agli effetti dell’insulina stessa. Tutto questo tende ad annullare gli effetti di immagazzinamento dei grassi prodotti dai cibi ad elevato indice glicemico. Affidiamoci sempre ad esperti della nutrizione e della alimentazione.