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Presto un casco che rivela gli Ictus

In Italia l’ictus è la prima causa di invalidità, ed è responsabile del 10% dei decessi, colpendo 200.000 persone ogni anno.

A differenza di ciò che si ritiene comunemente, non colpisce esclusivamente gli anziani: ogni anno, infatti, 10.000 persone con meno di 54 anni vengono colpite da ictus. Si tratta di una patologia che ha un costo enorme, non soltanto economico ma anche umano: attualmente, il 50% circa di coloro che hanno un ictus muoiono, e tra coloro che invece sopravvivono il 20% si ritroverà a convivere con una seria disabilità.

Per tutti questi motivi, sono attivi diversi filoni di ricerca nel campo della prevenzione e del trattamento precoce dell’ictus; uno dei problemi principali infatti è capire quale tipo di processo sia in atto nel paziente, se quello ischemico o quello emorragico: i due tipi di ictus richiedono infatti trattamenti molto diversi, e quelli indicati in un caso possono seriamente peggiorare la situazione nell’altro.

L’ictus: cause e sintomi

L’ictus si verifica quando una parte del cervello perde parte delle proprie funzionalità a causa di un ridotto apporto di sangue; può dunque essere causato da una trombosi o da un embolo (ictus ischemico), oppure da un’emorragia (ictus emorragico). Circa l’80% degli ictus che si verificano sono di tipo ischemico, mentre i restanti sono di tipo emorragico. I principali fattori di rischio sono il fumo, l’ipertensione, il diabete e l’abuso di alcool; l’ictus colpisce inoltre gli uomini in numero maggiore rispetto alle donne, e sembra esserci anche un fattore etnico: le popolazioni più a rischio sono infatti quelle di etnia asiatica, caraibica o africana.

Dal momento che il cervello è un organo delicato, che non può rimanere a lungo senza ossigeno, in caso di ictus è necessario agire tempestivamente: più tempo si aspetta, infatti, maggiori sono le conseguenze a livello neurologico e più difficile è il recupero del paziente. Purtroppo, i sintomi dell’ictus variano da paziente a paziente, e sebbene siano molto precisi e indistinguibili, è facile non dare loro importanza se non li si conosce.

Vi è tuttavia un modo: dal momento che i due emisferi del nostro cervello controllano ognuno il lato opposto del corpo, anche i sintomi dell’ictus riguardano un solo lato. Ad esempio, è possibile avere paralisi o intorpidimento della faccia o degli arti, difficoltà a camminare, a parlare o a vedere in modo chiaro: chiedendo alla persone interessata di sorridere o di alzare entrambe le braccia sarà subito evidente come la difficoltà sia concentrata da un solo lato. Un altro sintomo è il forte mal di testa, che si presenta insieme a nausea e torcicollo. È possibile anche che vi sia perdita di coscienza. In casi di ictus forte è possibile che ci sia molta agitazione, perchè la persona vede perdita di controllo del proprio corpo. Se colpito da afasia non riesce a parlare, ha difficoltà a camminare.

Ictus ischemico

Si verifica quando uno dei vasi arteriosi che portano il sangue al cervello viene bloccato, chiudendosi completamente e impedendo il passaggio del sangue. Può essere di tipo trombotico o embolico: nel primo caso il coagulo ha origine nel vaso sanguigno interessato, e rimane direttamente ancorato alle sue pareti, causando prima un restringimento e poi arrivando piano piano a chiuderlo completamente. Nel secondo caso invece il coagulo si forma in un altro distretto corporeo e viaggia attraverso i vasi arteriosi, fino a trovarne uno di diametro troppo stretto, in cui si blocca.

Ictus emorragico

Avviene in seguito alla rottura di un vaso sanguigno che irrora il cervello, ovvero in seguito a emorragia cerebrale. Può essere causato da una malformazione congenita, da un trauma o da un aneurisma, ovvero una dilatazione di un vaso, le cui pareti diventano più fragili. Vi sono due tipi di ictus emorragici: quello intracerebrale e quello subaracnoideo. Il primo tipo riguarda un vaso sanguigno direttamente a livello dell’encefalo: in questo caso si ha non solo una compromissione del flusso di sangue alle aree colpite, ma viene anche esercitata pressione sulla zona circostante, danneggiandola. Nel secondo caso invece il vaso che viene danneggiato è situato nello spazio tra il cervello e il cranio; in questo caso spesso l’ictus è causato dalla rottura di un aneurisma.

Diagnosi e terapia allo stato attuale

La diagnosi precoce dell’ictus è molto importante per permettere di agire in modo veloce e mirato; per questo motivo, oltre all’esame obiettivo è possibile effettuare test sul sangue, in particolare sulla coagulazione e sulla glicemia, e test strumentali come la TAC, la risonanza magnetica (RMN) e l’angiografia. Il problema sta nel fatto che questi test possono essere eseguiti esclusivamente in una struttura ospedaliera; se fosse invece possibile capire il tipo di ictus in atto nel paziente prima di giungere all’ospedale, sarebbe possibile iniziare prima la terapia, riducendo così la mortalità e le conseguenze nei sopravvissuti.

Le terapie sono infatti diametralmente opposte: nei casi di ictus ischemico vengono somministrati al paziente farmaci anticoagulanti (si veda anche fibrinolisi), per sciogliere il trombo, mentre nel caso di ictus emorragico vengono somministrati farmaci coagulanti. Questo significa che durante il trasporto in ambulanza e prima della refertazione della TAC ed eventuale RMN non è possibile somministrare alcuna terapia. Il che purtroppo può significare ore di attesa.

Nei casi in cui è necessario, inoltre, è possibile ricorrere all’intervento chirurgico: in caso di ictus ischemico l’intervento è volto a liberare l’arteria occlusa, rimuovendo meccanicamente il coagulo mediante l’utilizzo di un catetere o di uno stent. Nei casi di ictus emorragico invece l’intervento è di gran lunga più invasivo: si effettua infatti una cranotomia, ovvero si rimuove una parte del cranio per abbassare la pressione e accedere liberamente ai vasi. Spesso in questa sede viene rimosso definitivamente l’aneurisma alla base del problema.

Diagnosi basata sulle microonde: una nuova frontiera

Negli ultimi anni sono stati realizzati macchinari portatili per la TAC, che possono essere montati e utilizzati sulle ambulanze. Si tratta di una soluzione che ha fornito risultati incoraggianti, ma che risulta essere molto costosa e adeguata soltanto nelle zone più industrializzate e dotate di strade e infrastrutture adeguate. Per questo motivo la ricerca si è orientata sullo sviluppo di una soluzione compatta, economica e portatile per la diagnosi dell’ictus, ed in particolare sull’utilizzo delle microonde.

Le tecniche di imaging basate sulle microonde sono state pensate e teorizzate diverse volte negli ultimi trent’anni, ma soltanto nell’ultimo decennio, grazie all’aumento della capacità computazionale disponibile, è stato possibile sfruttarle per scopi clinici. Uno dei problemi, infatti, è dovuto alla natura dispersiva delle microonde nei mezzi disomogenei, che rende necessario l’uso di algoritmi molto complessi.

Queste tecniche si basano sul fatto che i diversi tessuti del nostro corpo hanno proprietà dielettriche diverso; ad esempio, c’è una forte differenza tra il sangue e la materia grigia cerebrale. Ciò ha permesso di sviluppare un elmetto con delle antenne che emettono microonde e inviano segnali a un computer su cui gira un algoritmo di machine learning; ciò significa che il computer è in grado di “imparare” a selezionare dei pazienti analizzando le caratteristiche di un gruppo di training. In parole povere, noi inseriamo nell’algoritmo i risultati dati dalle tecniche di imaging per un certo numero di pazienti, per i quali conosciamo già il tipo di ictus, e in base a questi dati l’algoritmo di intelligenza artificiale sarà in grado di prevedere il tipo di ictus in pazienti del tutto nuovi.

Sono stati creati due prototipi, uno basato su un elmetto da bicicletta e uno su un elmetto realizzato appositamente; in entrambi i casi, il potere delle microonde utilizzate era di circa 100 volte inferiore alle radiazioni normalmente emesse da un telefono cellulare, e pertanto non sono stati riscontrati effetti avversi dovuti all’esposizione alle microonde.

All’inizio dello studio sono stati utilizzati dei sacchetti di sangue per simulare un ictus emorragico, e vedere se le antenne erano in grado di rilevarlo. Successivamente, sono stati fatti anche dei test sugli uomini, portando i ricercatori a preferire il secondo modello di elmetto, in quanto quello di bicicletta è stato ritenuto troppo debole per sostenere la struttura di antenne.

Vi sono invece stati due trial clinici, entrambi condotti al Sahlgrenska University Hospital: nei due trial sono stati inclusi soltanto pazienti in cui il tipo di ictus era già noto, e che non ne avessero avuti altri nella loro vita.

Il primo studio ha coinvolto 20 pazienti, di cui 9 con ictus emorragico e 11 con ictus ischemico. Il prototipo ha correttamente identificato i 9 pazienti del primo gruppo, ma ha falsamente identificato 4 pazienti con ictus ischemico come appartenenti al gruppo con ictus emorragico. Il secondo studio è invece stato effettuato in un reparto di neurologia, su 25 pazienti esaminati in una finestra di 4-27 ore dopo l’ictus. Dei 25 pazienti, 10 avevano avuto un ictus emorragico e 15 un ictus ischemico. Lo studio ha inoltre coinvolto 65 soggetti sani come gruppo di controllo. In questo caso, soltanto 1 dei 15 pazienti con ictus ischemico è stato incorrettamente assegnato al gruppo con ictus emorragico, mentre gli ictus di gli altri pazienti sono stati correttamente identificati.

Sebbene i risultati siano incoraggianti, si tratta comunque di studi che hanno coinvolto un numero relativamente piccolo di pazienti; l’accuratezza dell’algoritmo dipende inoltre dalle dimensioni del set di dati utilizzato per il training.

Per questo motivo è attualmente in corso uno studio clinico che coinvolge diversi ospedali svedesi, con lo scopo di raccogliere un ampio numero di dati che possano essere utilizzati per incrementare la capacità predittiva dell’algoritmo. Anche allo stato attuale delle cose, la capacità dell’algoritmo di escludere un episodio emorragico è di interesse clinico: uno dei problemi che si riscontrano spesso, infatti, è il ritardo nell’avvio della terapia con anticoagulanti nel caso di ictus ischemico: tale ritardo è quello che spesso causa le conseguenze più gravi che seguono all’episodio ischemico, e ridurlo può fortemente migliorare le possibilità dei pazienti colpiti da ictus.

Fonte: Persson, Mats, et al. “Microwave-based stroke diagnosis making global prehospital thrombolytic treatment possible.” Biomedical Engineering, IEEE Transactions on 61.11 (2014): 2806-2817.