L’ipercolesterolemia è un aumento patologico della concentrazione di colesterolo nel sangue; si tratta di un fattore di rischio cardiovascolare, ovvero aumenta la probabilità di eventi cardiovascolari come infarto o ictus. L’ipercolesterolemia è una patologia molto diffusa nel mondo occidentale, e può essere dovuta allo stile di vita, a fattori genetici (ipercolesterolemia familiare) oppure a una concorrenza delle due cause; il trattamento di questa condizione è un aspetto molto importante della medicina preventiva, in quanto a una diminuzione della concentrazione ematica di colesterolo corrisponde una diminuzione del rischio di patologie cardiovascolari che possono portare anche alla morte.
Metabolismo del colesterolo
Non essendo solubile in acqua, il colesterolo può viaggiare nel circolo ematico esclusivamente in associazione a delle proteine che invece abbiano questa proprietà: si tratta delle lipoproteine, molecole anfipatiche – ovvero che hanno caratteristiche sia idrosolubili che idrofobiche – che grazie alla loro particolare struttura riescono ad inglobare una molecola di colesterolo e permetterne il passaggio nel sangue. Esistono diversi tipi di lipoproteine, le quali vengono generalmente classificate in base alla loro densità:
- Chilomicroni, a densità minore, sono le proteine deputate alla raccolta dei lipidi introdotti dall’alimentazione, che vengono convogliati dall’intestino ai tessuti muscolari, adiposi e al fegato. La loro concentrazione è massima dopo i pasti.
- Lipoproteine a densità molto bassa, VLDL.
- Lipoproteine a densità intermedia, IDL.
- Lipoproteine a bassa densità, LDL, il cosiddetto “colesterolo cattivo”.
- Lipoproteine ad alta densità, HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”.
Le lipoproteine maggiormente presenti nel sangue sono le LDL e le HDL; le prime trasportano il colesterolo dal fegato ai tessuti, mentre le seconde fanno il percorso inverso. Per questo motivo, le LDL vengono comunemente dette “colesterolo cattivo” mentre le HDL prendono il nome di “colesterolo buono”.
Le LDL rappresentano una percentuale compresa tra il 60% e il 70% delle lipoproteine presenti nel circolo ematico; per questo motivo, la maggior parte degli esami del sangue volti a valutare la colesterolemia si limitano alla valutazione del colesterolo totale, che include sia le LDL che le HDL. È però possibile richiedere il conteggio separato delle LDL e delle HDL, in modo da potere valutare la concentrazione effettiva di LDL nel sangue; il rapporto tra le concentrazioni delle due lipoproteine è infatti un indice molto più indicativo della concentrazione di colesterolo totale.
Il colesterolo trasportato dal fegato ai tessuti non deriva esclusivamente da quello introdotto con l’alimentazione; al contrario, diversi studi hanno dimostrato come non vi sia alcun rapporto tra l’assunzione di cibi ricchi in colesterolo e la concentrazione di colesterolo nel sangue. A supporto di questa tesi, è interessante notare come alcune popolazioni la cui alimentazione tipica è ricca di grassi animali – come ad esempio gli inuit, ma anche i francesi che consumano abitualmente formaggi e burro – abbiano valori di colesterolo nel sangue comparabili o minori a quelli delle altre popolazioni. In particolare, è stato dimostrato come i grassi saturi – ed in particolare l’acido miristico, che si trova ad esempio nei formaggi, nell’olio di cocco e nell’olio di palma – siano i principali responsabili dell’aumento di colesterolo nel sangue. Al contrario, i grassi insaturi come quelli contenuti nell’olio d’oliva sono in grado di aumentare la concentrazione di HDL nel sangue, migliorando quindi il rapporto tra colesterolo buono e colesterolo cattivo.
Terapie attuali: dieta, attività fisica, statine
Dieta
Il primo passo nella terapia di coloro che hanno una concentrazione troppo elevata di colesterolo nel sangue è un cambiamento dello stile di vita: sebbene, come detto prima, l’assunzione di colesterolo con l’alimentazione non sia collegata alla colesterolemia, è comunque opportuno limitare il consumo di grassi saturi, aumentare il consumo di grassi insaturi e di fibre. Ciò corrisponde, ad esempio, a sostituire il burro con l’olio d’oliva e i cereali raffinati con quelli integrali. Vedi anche: Dieta contro il colesterolo alto e cosa mangiare.
Attività fisica e perdita di peso
Questo cambiamento però non sempre è sufficiente, specialmente nei casi di ipercolesterolemia familiare, che ha una componente genetica; in questo caso l’opzione migliore è rappresentata dall’attività fisica, che se effettuata in modo regolare comporta una riduzione dal 3% al 9% dei livelli di colesterolo nel sangue. Ancora più importante è la riduzione del peso corporeo negli individui obesi e in sovrappeso, che comporta un aumento della concentrazione di HDL nel sangue proporzionale ai chili persi.
Terapia farmacologica: le statine
Quando cambiare il proprio stile non basta, è necessario ricorrere a una terapia farmacologica. Attualmente, i farmaci maggiormente utilizzati per il controllo del colesterolo nel sangue sono le statine (vedi anche: nuovo farmaco che riduce colesterolo del 50%), una classe di farmaci che agiscono bloccando la sintesi del colesterolo a livello epatico. Si tratta di farmaci largamente utilizzati, che hanno però diversi effetti collaterali tra cui la possibilità di rabdomiolisi, un danno alle cellule muscolari, che si rompono riversando il proprio contenuto nel sangue. La rabdomiolisi può essere causata, in particolare, dall’interazione con altre classi di farmaci come gli antibiotici, gli anticoagulanti e gli antidepressivi. Essendo anch’esse classi di farmaci molto utilizzate, appare evidente come le statine siano una terapia che, per quanto utile, non possa essere applicata a tutti i pazienti.
Un altro difetto delle statine consiste nella metodica di assunzione: dal momento che devono essere assunte giornalmente per via orale, la loro efficacia dipende moltissimo dalla compliance del paziente, e può dunque scendere al di sotto dei livelli ottimali in caso di pazienti che non seguano in modo corretto la terapia.
Un nuovo vaccino contro l’ipercolesterolemia
Esiste però una nuova possibilità di cura: uno studio pubblicato su Vaccine nel settembre del 2015 da un gruppo di ricerca americano ha infatti evidenziato la possibilità di creare un vero e proprio vaccino contro l’ipercolesterolemia, che possa ridurre in modo permanente e significativo i livelli di colesterolo nel sangue. Questo vaccino si basa sulla possibilità di regolare la produzione del recettori che legano le LDL sulla membrana cellulare delle cellule epatiche, aumentandone il numero e diminuendo così la concentrazione nel sangue delle LDL.
Il recettore per le LDL: come funziona
In condizioni fisiologiche, sulla membrana delle cellule epatiche è presente un certo numero di recettori per le LDL, lipoproteine a bassa densità. Quando le LDL si legano al recettore, il complesso che si forma può entrare nella cellula epatica formando una vescicola. Questa vescicola a sua volta si fonde con un lisosoma, un’altra vescicola che contiene enzimi in grado di degradare le proteine: la LDL viene degradata all’interno del lisosoma, mentre il recettore viene liberato e può tornare sulla membrana cellulare.
La PCSK9
La PCSK9, ovvero la proproteina della convertasi subtilisina/Kexin tipo 9, è una protaina che normalmente si trova nel plasma e contribuisce a regolare la concentrazione dei recettori per le LDL presenti sulla membrana cellulare. In particolare, quando la PCSK9 si lega al complesso recettore-LDL, essa fa sì che anche il recettore venga degradato nel lisosoma insieme alla LDL, impedendone così il ritorno sulla membrana cellulare e diminuendo il numero complessivo di recettori. Un minore numero di recettori implica una minore clearance delle LDL, che permangono nel sangue più a lungo. È stato dimostrato che le alterazioni della PCSK9 portano a modifiche consistenti nel metabolismo del colesterolo: in particolare, gli individui con una mutazione tale per cui la PCSK9 aumenta le sue funzionalità presentano livelli di colesterolo più alti della media (ipercolesterolemia familiare), mentre gli individui che presentano mutazioni per cui la PCSK9 funziona in modo ridotto rispetto al normale presentano ipocolesterolemia.
Il vaccino
Il funzionamento della PCSK9 è già noto in medicina, e ha portato allo sviluppo di terapie a base di anticorpi monoclonali: tali terapie non sono però mai riuscite a sostituire le statine, che ad oggi rappresentano ancora la terapia più utilizzata contro il colesterolo. Il gruppo di ricerca americano che ha pubblicato lo studio citato sopra ha però avuto un’idea diversa: creare una particella virus-simile che possa funzionare come un vaccino contro la PCSK9. Per ottenere tale particella sono state inserite delle sequenze opportune di DNA all’interno del batterio Escherichia Coli, ottenendo così dei peptidi che sono stati somministrati sotto forma di vaccino a delle cavie e a dei macachi.
Gli animali sottoposti all’esperimento hanno sviluppato un elevato titolo di anticorpi IgG, che legandosi alla PCSK9 nel sangue ne hanno diminuito la concentrazione ematica. In particolare, nel gruppo di cavie sottoposto al vaccino il livello di trigliceridi è diminuito del 51%, quello di colesterolo libero del 38%, quello di colesterolo totale del 28% e quello di fosfolipidi del 27% rispetto al gruppo di controllo. Risultati analoghi sono stati ottenuti con i macachi, per i quali è stato inoltre dimostrato come il vaccino possa essere utilizzato in sinergia con le statine per ottenere una diminuzione ancora più consistente dei valori di colesterolo nel sangue.
Sebbene non sia ancora pronto per essere messo in commercio, questo vaccino rappresenta una scoperta estremamente importante per la salute di milioni di persone: attualmente, infatti, le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel mondo occidentale, e sono responsabili del 44% di tutti i decessi in Italia. Questo vaccino, ponendo rimedio a uno dei principali fattori di rischio, potrebbe essere un significativo passo in avanti nella riduzione della mortalità per malattie cardiovascolari, salvando così moltissime vite.
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